ATTACCO AL POTERE 3: recensione


Durante un'escursione per una battuta di pesca, il Presidente degli Stati Uniti (Morgan Freeman) e la sua scorta vengono attaccati da dei droni. La scorta muore, il Presidente va in coma e la sua guardia del corpo Mike Banning (Gerard Butler) è l'unico sopravvissuto. L' FBI gli trova sul conto corrente dei movimenti di denaro molto cospicui che fanno pensare che sia stato pagato da qualcuno per eliminare il Presidente. Mike, a questo punto, farà di tutto per scagionarsi e trovare i veri colpevoli.
Quando una persona paga il biglietto per andare al cinema a vedere un film come Attacco al Potere 3, sa già benissimo a cosa andrà incontro e sarà disposto a soprassedere su alcune cose: una su tutte le basilari leggi della fisica per favorire la spettacolarità delle scene. Insomma, il classico film d'azione dove l'iperbole è la regola fondamentale e tutto sa già di visto e rivisto almeno mille volte.
Mesi prima dell'uscita, si era letto che questo doveva essere il capitolo più intropspettivo della saga, quello che puntava tutto sulla svolta intimista del protagonista, il quale è preoccupato per la vita della moglie e della figlia ricattati dai cattivi, ma al quale, in poche parole, piace solo ammazzare e rischiare di essere ammazzato.
Attacco al Potere 3 è il classico esempio di un franchise stanco ed annoiato dove non c'è più nulla da dire. Capitolo a parte su Gerard Butler: sicuramente è il vero problema della saga, perché di recitare non ne è mai stato capace (se la gioca con il buon vecchio e biesperessivo Nicolas Cage). Ai bei tempi di 300 se la giocava sulla prestanza fisica e gli addominali scolpiti, ma adesso è bolso, grasso,  stanco e goffo.

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