GEOSTORM: recensione


In seguito ad una catastrofe climatica, nel 2019 molte nazioni si riuniscono per costruire un sistema satellitare in grado di controllare gli eventi climatici. Questo sistema si chiama Dutch Boy, ed è realizzato dagli scienziati più intelligenti del mondo coordinati da Jake Lawson (Gerard Butler). Tre anni dopo, alcuni soldati americani trovano un villaggio completamente ghiacciato nel deserto dell'Afghanistan, seguito da un surriscaldamento anomalo che distrugge mezza Hong Kong. Il Presidente degli Stati Uniti decide quindi di rimandare Jake Lawson nello spazio, per verificare le condizioni del Dutch Boy ed impedire qualche altra catastrofe climatica.
Non cadete nell'errore di paragonare Geostorm a dei disaster movie che sono usciti prima di lui. Non ha nulla a che fare con Independence Day o Armageddon: lì era tutt'altra roba, lì c'era l'eroe che sacrificava la propria vita per salvare quella dell'intera umanità. Qui ci sono molte differenze: questo film non ha la profondità degli altri due, che oltre alle scene catastrofiche, esplosioni ed annessi e connessi, avevano anche un coinvolgimento umano non indifferente ed una morale sul fatto di quello che sarebbe pututo accadere al pianeta. Se visionate Geostorm con la mente sgombra dai paragoni, magari, potete anche riuscire anche ad apprezzarlo.
Discorso a parte su Gerard Butler: tutti se lo ricordano nei panni di Leonida in 300, con addominali scolpiti che grida a squarciagola "questa è Sparta!!!". Qui è invecchiato, imbolsito, ingrassato e, giustamente, non ha più il fisico per vestire i panni dell'eroe che salva da solo il pianeta. Però, riesce a dare la giusta profondità al personaggio e fa il suo dovere d'attore: salva un film che altrimenti nessuno sarebbe riuscito a salvare.

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